Le tasse e bitcoin in Italia, come funziona la tassazione delle criptovalute

Gli investimenti in bitcoin e in criptovalute sono aumentati in maniera considerevole negli ultimi anni. Qualche anno fa, quando si parlava di criptovalute, erano in pochi a sapere di che cosa si trattava. Al giorno d’oggi bitcoin è un vero e proprio fenomeno e si stima che al mondo ci siano più di cento milioni di possessori.
Una cifra considerevole che richiede un’analisi e un approfondimento, soprattutto quando si parla di tassazione.
In Italia non c’è una regolamentazione chiara, in quanto tutta la questione che riguarda le tasse e le criptovalute è frammentaria, con riferimenti normativi datati, interpretazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e sentenze del tribunale.
Vediamo insieme come dovrebbe comportarsi un investitore qualora volesse convertire le criptovalute in euro e farle arrivare sul proprio conto corrente.

bitcoin

Sostituto d’imposta e bitcoin

Il problema principale quando si tratta di tassare le criptovalute è l’assenza di un sostituto d’imposta. A differenza degli investimenti tradizionali dove la banca o altri intermediari si occupano di sbrigare tutte le pratiche fiscali per l’investitore, per le criptovalute tutte le operazioni si svolgono tramite le app di trading che non svolgono la funzione di sostituto d’imposta.
I bitcoin e le criptovalute in genere si scambiano su piattaforme di scambio che hanno sede all’estero e non si occupano di tassare gli investimenti.
Un altro problema che riguarda le criptovalute è anche la mentalità con cui una persona decide di investire, molti hanno iniziato quasi per gioco, per provare e vedere come sarebbe andata a finire. Si trattava a volte di importi irrisori che, nel caso di bitcoin, hanno visto una crescita esponenziale che ha portato molti investitori ad avere importi importanti nel proprio wallet.

L’imposta sui redditi del 26% sui bitcoin

Non esiste una legge in Italia che tratta il tema della tassazione delle criptovalute, per questo la questione genera molta confusione. L’Agenzia delle Entrate si è espressa diverse volte con una prospettiva che tende a equiparare le criptovalute alle valute estere e di conseguenza anche la tassazione dei bitcoin segue quella degli investimenti in valute estere.
Altre interpretazioni sono date da diverse sentenze, tra cui una del Tar del Lazio del 2020 e una della Corte di Giustizia europea del 2015 che hanno individuato una possibile strada per la tassazione delle criptovalute. In sostanza si tratterebbe per l’investitore di indicare il valore dei bitcoin all’atto della dichiarazione dei redditi e di pagare il 26% sulle plusvalenze che le criptovalute hanno generato, cioè sulla parte del guadagno con gli investimenti. L’imposta del 26% va pagata solo se le criptovalute vengono vendute in cambio di euro realizzando quindi un guadagno e se il valore della giacenza media è stato superiore a 51.645,69 euro.
Nel caso in cui questa soglia non venga superata, l’investitore ha l’obbligo di compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi che ha il mero rilievo statistico e non subisce una tassazione.

Possiamo comprendere la complessità del tema e la difficoltà del piccolo investitore, soprattutto l’incertezza legata al tema della tassazione delle criptovalute. La materia è tutta in divenire e incontra molte reticenze da parte degli investitori.